Venerdì 22 luglio in Sede alla Settemari abbiamo avuto il piacere di ospitare una interessante serata organizzata dalla socia Roberta Pierobon e da Alberto Fiorin che ci hanno illustrato la seconda tappa del viaggio “L’Italia da costa a costa” e cioè il percorso da Brindisi ad Amalfi.
Tanta è stata la curiosità e l’interesse suscitato da questi racconti che abbiamo voluto approfondire con Alberto Fiorin alcuni aspetti del mondo del cicloturismo e stimolarlo su questioni legate a Venezia e a tentazioni lagunari.
Ecco di seguito il risultato del nostro incontro . . .
Domanda
Ciao Alberto. Parlaci della tua attività e del percorso che stai facendo col tuo gruppo e che avete presentato a Venezia in Sede alla Settemari.
Risposta
Dal 2014 sono presidente della Società Ciclistica Pedale Veneziano 1913, glorioso sodalizio del centro storico che conta oltre cento anni di vita, essendo stata fondata appunto nel 1913. Tra i soci fondatori risulta anche mio nonno materno, Natale Rizzi, evidentemente la passione ce l’ho nel DNA. Io personalmente utilizzo la bicicletta – più che come attrezzo per tenermi in forma o per svolgere attività sportiva agonistica – come uno strumento di conoscenza del mondo e infatti mi piace compiere viaggi, a volte anche a lunghissima gittata, proprio per godermi e conoscere il territorio circostante attraverso la chiave di lettura della lentezza.
Anche i 60 soci del Pedale Veneziano hanno una concezione simile dell’andare in bicicletta e infatti, più che all’agonismo puntiamo sull’andare alla scoperta del territorio, sia europeo che italiano. Ma dopo numerosi viaggi in giro per l’Europa (ne cito alcuni come Venezia-Vienna, Venezia-Praga, Venezia-Losanna-Parigi-Bruxelles, Venezia-Budapest, Venezia-Norimberga, Venezia-Capo Nord, Venezia-Montecarlo, Venezia-Cracovia, Venezia-Dubrovnik) dallo scorso anno abbiamo deciso che per i prossimi cinque anni ci saremmo concentrati sulla scoperta dell’Italia e allora abbiamo messo in cantiere questo Giro dell’Italia lungo le coste. Lo scorso anno abbiamo cominciato con la spettacolare discesa dell’Adriatico, da Venezia a Santa Maria di Leuca, quest’anno abbiamo fatto la seconda tappa, da Brindisi ad Amalfi, lungo tutta la costa ionica e tirrenica.
Ed è stato un viaggio esaltante in cui abbiamo attraversato città straordinarie e affascinanti di cui vi abbiamo parlato come Matera ma anche Ostuni e le Murge, Alberobello coi i suoi trulli, Metaponto e le Tavole Palatine (il tempio di Hera), la misconosciuta Trebisacce, Sibari (popolata dai “sibariti”, dai gusti raffinati ma dediti alle mollezze), Cirò e il suo omonimo vino, la straordinaria fortezza aragonese di Le Castella, Riace, Locri, il Capo Spartivento (il punto più meridionale dell’Italia continentale), Reggio Calabra e i guerrieri di Riace, Scilla e la sua Rocca, Bagnara Calabra, Gioia Tauro e il suo enorme porto, Capo Vaticano, Tropea, Amantea, Paola, Diamante, la Riviera dei Cedri, il Golfo di Policastro, Palinuro, Acciaroli, Paestum e i suoi templi, Salerno, la costiera amalfitana.
Un puzzle di stimoli, flash, impressioni, ricordi che rimarrà indelebile nella nostra storia personale di ciclisti viaggiatori.
Come nasce la scelta di un percorso e come si pianifica un itinerario in bicicletta?
Beh, ci sono casi e casi. Noi ultimamente abbiamo sempre pensato a dei progetti specifici e abbiamo deciso di svilupparli: ad esempio risalendo negli anni con i viaggi a Norimberga, Cracovia e Nizza abbiamo voluto evidenziare e ricordare quel patto di amicizia e di rispetto che nell’immediato secondo dopoguerra queste città hanno sottoscritto proprio a Venezia. Quindi in una prospettiva pluriennale abbiamo preparato, anche dal punto di vista istituzionale, questi percorsi perché quando viaggiamo ci piace diventare in qualche modo (detto senza presunzione) degli ambasciatori della venezianità a pedali e quindi portiamo sempre il messaggio del sindaco di Venezia all’omologo della città d’arrivo.
Poi nel 2013 siamo andati lungo la costa croata, da Venezia fino a Dubrovnik, per festeggiare i 100 anni della nostra fondazione e il nostro intento era quello di andare alla ricerca dei 100 leoni (simbolicamente uno per ogni anno della nostra storia) disseminati nelle cittadine e nelle isole della costa dalmata, che per secoli ha fatto parte integrante della Repubblica di Venezia, per l’appunto la Repubblica del Leone. È stata un’affascinante e stimolante caccia al tesoro durata 7 tappe e lunga 1200 affascinanti chilometri.
Facendo un salto indietro nel tempo, nel 2006, quando abbiamo organizzato il complesso viaggio da Venezia fino a Capo Nord – 4350 chilometri in 31 giorni – abbiamo in realtà voluto fare un omaggio al nostro avo Pietro Querini, scopritore nel 1432 della tecnica di essicazione del merluzzo e primo “esportatore” del baccalà in Italia e nel mondo conosciuto, arrivando fino alle Isole Lofoten e più precisamente nello scoglio di Rost dove sbarcò dopo il naufragio.
Come si capisce, ci piace molto legare anche le scelte delle nostre mete con la storia della nostra città intrecciando quindi anche dei racconti, che in qualche caso sono diventati dei veri e propri reportage di viaggio e dei libri (ad esempio Il Vento dei Fiordi che narra del nostro viaggio sulle orme di Pietro Querini).
Ritieni possibile e in che modo uno sviluppo dell’attività ciclistica o cicloturistica in una città come Venezia? (Comprendendo cioè la terraferma veneziana e l’estuario, incentivando con ciò un turismo che non sovraccarichi il Centro Storico).
Effettivamente Venezia sta diventando sempre di più meta di lunghi itinerari europei che prevodono l’arrivo in laguna, uno tra tutti la Monaco-Venezia, 600 chilometri dalla capitale della Baviera attraverso le piste ciclabili del fiume Isar, quella dell’Inn e poi l’attraversamento delle Dolomiti con la pista ciclabile della Val Pusteria e la ciclabile delle Dolomiti che passa per Cortina, Calalzo e arriva fino al lago di Santa Croce e poi passa lungo strade minori per Vittorio Veneto, Conegliano, Treviso, nuovamente le rive di un fiume – il Sile – per giungere a Venezia. Pensare che il tratto più complicato dell’intero lunghissimo e affascinante percorso che tanta presa sta suscitando nei cicloturisti della Mitteleuropa sia il pericoloso attraversamento del ponte translagunare tra Venezia e Mestre la dice lunga sul grado di attenzione che la nostra amministrazione – presente e anche quelle passate – sta riservando al fenomeno…
Sarebbe proprio il caso di incentivare questa forma di turismo curioso, a basso impatto ambientale, ad emissioni zero, soprattutto in rapporto a quel turismo di massa che sta stringendo in un abbraccio mortale e soffocante la nostra amatissima città. Bisogna quindi offrire ai moltissimi cittadini italiani ed europei che sempre più decidono di giungere a Venezia in bicicletta dei servizi e non solo dei dinieghi o delle difficoltà. A parte l’impossibilità di arrivare a Piazzale Roma in maniera protetta, bisogna calcolare che non c’è neppure la possibilità di lasciare la bicicletta in un parcheggio custodito e sicuro, quindi si è costretti trascinarsela a piedi per la città con le conseguenti difficoltà e proteste che sono montate, anche in quest’ultima stagione estiva, sui giornali…
Per non parlare di noi ciclisti veneziani che viviamo nell’unica città al mondo dove è vietata (giustamente) la circolazione in bicicletta e che siamo costretti a delle vere e proprie acrobazie portando in spalla su e giù per i ponti già affollati di turisti i nostri cavalli di acciaio prima di poterci lanciare nell’attraversamento (anche per noi altrettanto pericoloso) del Ponte della Libertà…
E’ ovvio che quando si parla di sport o di attività fisica non si può prescindere da un atteggiamento ecologico e di benessere oltreché di divertimento e conoscenza. Ritieni che si possano trovare per i giovani veneziani (e per i meno giovani) punti di contatto tra la bici e la barca? Tra le due ruote e i remi?
Beh, la storia della nostra società ciclistica parla chiaro: in qualche modo bicicletta e remo sono sport, per quanto a prima vista possano sembrare diversi se non antitetici, molto affini: fanno della lentezza e della fatica, del sudore e dello sforzo, la loro ragione di vita.
E non è un caso che proprio tra i nostri sessanta iscritti ci siano campioni del remo come Bepi Schiavon “Bufalo” o Candido Vignotto “Arsenico” e anche altri amici che hanno partecipato alle regate comunali. Pensate che ci sono sei o sette amici che vengono, come Bufalo, dall’isola di Murano (per non parlare di Candido che viene da Sant’Erasmo) e che per poter partecipare alle uscite sociali devono prendere il barchino, caricare le loro biciclette su un rudimentale portabici in legno, poi mettersi “a pajol” e raggiungere – con una ardita navigazione sopra le barene sia in estate col caldo che in inverno con la nebbia – il Passo di Campalto e quindi vestirsi da bici e cominciare a svolgere la loro attività sportiva… Se non è passione questa, ditemi voi cos’è. Eroi.
E poi c’è da dire, a sottolineare questo rapporto tra remo e pedale, che abbiamo il nostro inno, ideato proprio festeggiare per il nostro centenario, che recita così: “Siam ciclisti di laguna, una razza molto strana, d’acqua e terra una mistura, non ci estingueremo mai…”.
Cosa ti sentiresti di proporre in tal senso? Pensi che la Settemari, con la sua struttura e la sua storia, potrebbe essere una valida “compagna di strada” nella organizzazione di qualcosa che accomuni entrambi gli appassionati che frequentiamo e con i quali poter creare delle attività originali e coinvolgenti?
Diciamo che noi del Pedale sentiamo da tanto una notevole affinità con la Settemari (infatti è da qualche anno che ci frequentiamo seppur saltuariamente) nel modo un po’ scanzonato di vivere la propria passione, (e non vuol certo essere una “diminutio”), cioè senza pensare a un approccio agonistico o troppo sportivo, più portato alle lunghe distanze che agli scatti, al modo di coniugare lo sport con la cultura, lo sforzo con la passione per il cibo. Del resto noi lo diciamo sempre: l’anagramma perfetto di bici è CIBI. E mi pare che anche voi non scherziate a proposito…
È da anni che pensiamo di organizzare una sorta di Triathlon lagunare, cioè voga, ciclismo e corsa ma al momento non siamo riusciti a superare le difficoltà logistiche: magari assieme potremmo farlo. Sarebbe bellissimo. Anche perché so che alcuni dei vostri soci sono appassionati alla bicicletta.
Potrebbe essere un progetto da portare avanti assieme. Lanciamo il sasso. . .
Grazie Alberto per averci raccontato queste belle attività e complimenti per la tenacia e la fantasia con cui portate avanti e diffondete la cultura cicloturistica.
Grazie a voi . . .